E’ sempre viva la contesa fra chi
afferma che l’acqua clorata dell’acquedotto non è adatta per
innaffiare gli ortaggi, e chi invece sostiene che gli effetti
derivanti dalla presenza del cloro dell’acqua siano ininfluenti. In
questo post alcune considerazioni, uno studio scientifico
sull’ar-gomento e alcuni consigli per combattere la clorosi. |
Molti enti
distributori di acqua potabile usano addizionarla con cloro, ad una
concentrazione che solitamente è di 1 ppm (1 parte per milione).
Questa operazione viene fatta per controllare i batteri
mucillaginosi che si sviluppano naturalmente nei serbatoi e nelle
condutture e generano spesso delle patine verdastre. Occorre dire
subito che l’addizione di cloro non è affatto dannosa per gli
utilizzatori, tanto che, talvolta, si usa aumentare la dose fino a
4-5 ppm. |
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Foglie colpite da
clorosi. Il tessuto è di un verde molto pallido, su cui risalta il
verde più scuro delle venature.
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Tuttavia, un grande
dibattito è aperto sulla possibilità che la presenza del cloro renda
l’acqua tossica per le piante. Questo può incidere gravemente sul
rendimento dei piccoli orti che a centinaia, ogni giorno, continuano
a sorgere sui balconi e sui terrazzi delle famiglie italiane ma
anche nei piccoli giardini non serviti da pozzi dedicati. |
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L'acqua dei nostri
acquedotti è normalmente addizionata di cloro nella misura di una
parte per milione, e fino a 4-5 parti per milione.
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Sulla effettiva
tossicità del cloro nei confronti degli ortaggi coltivati nelle case
non esistevano studi specifici, anche perché la moda dell’orto sul
balcone è abbastanza recente; tuttavia esiste un’altra categoria,
quella dei vivaisti, che da sempre fornisce ai nostri appartamenti
piante verdi e da fiore ed è fortemente interessata a questo aspetto
legato anche commercialmente alla loro attività: infatti, fiori e
piante da balcone e da appartamento si vendono meglio se la loro
sopravvivenza è più garantita. In presenza di voci che affermano
come concentrazioni fino a 10 ppm non hanno alcun effetto sulle
piante, mentre altre sostengono che anche una sola ppm già le
danneggia, si è voluto produrre uno studio condotto con criteri
scientifici su alcune specie di fiori ed ortaggi. I risultati di
questo studio sono stati presentati fin dal 1987 da G. Y. Bugbee,
manager di Grenhouse. (vedi:
http://www.lafarmaciadelverde.it/articoli/articolo%20acqua%20clorata.pdf)
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L'acqua di
acquedotto addizionata con quantità modeste di cloro può essere
usata per innaffiare gli ortaggi sul balcone, così come si
innaffiano i fiori.
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L'acqua impiegata per
le irrigazioni, contenente 0, 2, 8, 18, 37, o 77 ppm di cloro, venne
somministrata per 12 settimane alle piante in vaso e per 6 settimane
alle piantine di ortaggi. Le acque clorate vennero ottenute
aggiungendo dell'ipoclorito di sodio (candeggina commerciale)
all'acqua. Poiché l'ipoclorito di sodio aumentava il pH dell'acqua a
quasi 11, si aggiunse dell'acido cloridrico per abbassare il pH a 7.
Tale acqua è equivalente come composizione all'acqua clorata
potabile, nella quale il cloro iniettato come gas abbassa il pH, per
cui si richiede una susseguente regolazione a un valore di pH di
6,5-7,0 con idrossido di sodio.
Secondo questo studio le piante in vaso tardarono a manifestare gli
effetti dei trattamenti e la percentuale di germinazione dei semi di
ortaggi risultò inalterata. Le piantine di ortaggio diedero però
segni di danno, 3 settimane dopo la semina, con i trattamenti
contenenti 37 ppm di cloro. I sintomi erano una perdita generale di
vigore e la clorosi del fogliame.
Come si vede, gli effetti ci sono stati ma solo a concentrazioni
assolutamente superiori a quelle usualmente presenti nelle acque dei
nostri acquedotti. |
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Una buona pratica
è quella di far stazionare l'acqua per una giornata in un
contenitore, prima di usarla per innaffiare.
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Che cosa è la clorosi
La clorosi è una malattia dovuta a carenze nutrizionali, in
particolare quando la pianta non riesce a svolgere nel miglior modo
la fotosintesi clorofilliana perché non riesce ad assimilare ferro e
microelementi dal terreno. Ciò può essere dovuto alla assenza di
questi elementi, ma nel caso oggetto di questo post può derivare
anche dalla eccessiva presenza di cloro nell’acqua usata per
irrigare. I sintomi della malattia sono un progressivo
ingiallimento delle foglie, evidenziato da un colore più scuro delle
nervature. Se il problema è dato dalle carenze del terreno si può
intervenire somministrando ferro chelato.
Come si combatte la clorosi da acqua addizionata di cloro
Pur avendo visto come la percentuale di cloro deve essere molto alta
per provocare danni evidenti, possiamo immaginare che anche a
concentrazioni inferiori il cloro non influisca positivamente sullo
sviluppo della pianta. Il metodo migliore per ovviare ai suoi
effetti dannosi è quello di non usare l’acqua così come scaturisce
dalla fontana, ma farla stazionare preventivamente un a giornata in
un grosso contenitore, come per esempio un mastello o un bidone di
plastica. Questo intervallo di tempo consente al cloro di evaporare
lasciando l’acqua pulita. |
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Pomodori irrigati
con acqua di acquedotto
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Per innaffiare, usare acqua a temperatura ambiente
E’ utile sottolineare che questa pratica, di innaffiare utilizzando
acqua prelevata il giorno precedente, consente anche un altro
importante vantaggio, quello cioè di somministrare alle piante acqua
a temperatura ambiente. Spesso infatti, più che il cloro, è la
temperatura troppo fredda dell’acqua che può danneggiare le nostre
preziose piante. |
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Zucchina allevata
in vaso e innaffiata con acqua di acquedotto |
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